Misure di contrasto al gioco d’azzardo e tutela dei…

La tutela dei minori dai pericoli del gioco d’azzardo è prevista dal DL 98 del 2011 secondo cui è vietato consentire la partecipazione ai giochi pubblici con vincita in denaro ai minori di anni diciotto. Il titolare dell’esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto diofferta del gioco che consente la partecipazione ai giochi pubblici a minori di anni diciotto è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 20.000.
Indipendentemente dalla sanzione amministrativa pecuniaria e anche nel caso di
pagamento in misura ridotta della stessa, la violazione prevista dal presente comma è
punita con la chiusura dell’esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di
offerta del gioco da dieci fino a trenta giorni.

Luoghi in cui si configura il gioco d’azzardo

Nel nostro ordinamento la tenuta, l’agevolazione e la partecipazione ai giochi d’azzardo veri e propri sono attività soggette a sanzione penale, se poste in essere «in un luogo pubblico, aperto al pubblico o in circoli privati di qualunque genere.

Anche la rete Internet viene ormai fatta rientrare nella nozione di luogo pubblico, atteso che con questa locuzione si intende il luogo «accessibile continuamente a tutti o comunque a un numero indeterminato di persone, anche se di proprietà privata», e che pertanto l’esercizio dei giochi di azzardo (ovvero, secondo la definizione dell’art. 721 c.p., «quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita e la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria») per via informatica configuri i reati di cui agli artt. 718 ss. c.p.

Gioco d’azzardo

Il gioco d’azzardo nel c.p. italiano si distingue tra l’esercizio” e la “partecipazione”, disciplinate rispettivamente dagli articoli 718 e 720 c.p.
Il primo punisce chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico o in circoli privati di qualunque specie, tiene un gioco d’azzardo o lo agevola. La pena prevista è l’arresto da tre mesi a un anno e l’ammenda non inferiore a euro 206.
Il secondo, invece, punisce chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico o in circoli privati di qualunque specie, senza esser concorso nella contravvenzione prevista dall’articolo 718, è colto mentre prende parte al gioco d’azzardo. In questo caso la sanzione comminata è l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda fino a euro 516.
In entrambi i casi, per le condanne, oltre alla sanzione amministrativa, è sempre ordinata la confisca del denaro esposto nel gioco e degli oggetti ad esso destinati.

Casellario pulito e confisca auto evitata con lavori socialmente…

Di recente la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sulla possibilità di non intaccare il proprio casellario qualora il condannato svolga un’attività socialmente utile non retribuita.

Si tratta, in poche parole, dei lavori socialmente utili i quali consentono non solo di non macchiare il casellario ma anche di evitare la confisca del veicolo e il periodo di sospensione della patente, a patto però che non si sia verificato alcun sinistro stradale

Tempi per ripulire la fedina penale

In generale per ripulire la fedina penale occorrono 3 ANNI dalla fine della pena per una condanna ordinaria; occorrono invece 8 ANNI se sei RECIDIVO e 10 ANNI se è stata dichiarata la abitualità, la professionalità o la tendenza a delinquere. Occorre in ogni caso pagare le spese processuali e gli obblighi risarcitori (quanto dovevi alle vittime o ai danneggiati dal reato)

Risarcimento danno per ottenere la Riabilitazione

Il richiedente deve dimostrare di aver risarcito il danno con dichiarazione della parte lesa o dovrà provare l’avvenuto pagamento mediante assegno con dichiarazione della banca o con esibizione dell’avvenuta offerta reale da parte dell’Ufficiale Giudiziario, oppure deve risultare l’avvenuto risarcimento nella sentenza stessa.

Deve inoltre risultare adempiuto l’eventuale obbligo civile derivante dal reato.

L’interessato, però,  può anche dimostrare di trovarsi nell’impossibilita di risarcire il danno o di adempiere l’obbligo civile derivante dal reato.

Rigetto Riabilitazione

In base al terzo comma dell’art. 683 del Codice di Procedura Penale  in caso la richiesta di riabilitazione venga respinta per difetto del requisito della buona condotta, essa non può essere riproposta prima che siano decorsi due anni dal giorno in cui e divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto.

Riabilitazione, l’importanza della buona condotta per ottenerla

La Suprema Corte (cfr. sent. Cass. Pen, n. 196 del 2002) ha affermato al proposito che non è sufficiente la mera astensione dal compimento di fatti costituenti reato, ma deve essere instaurato e mantenuto uno stile di vita improntato all’osservanza delle norme di comportamento comunemente osservate dai consociati e poste alla base di ogni proficua e ordinata convivenza sociale, anche laddove le medesime non abbiano rilevanza penale e non siano quindi penalmente sanzionate .

Mancata Concessione della Riabilitazione

La riabilitazione non può essere concessa se il condannato:

  • sia stato sottoposto a misura di sicurezza, tranne che si tratti di espulsione dello straniero dallo stato ovvero di confisca, e il provvedimento non sia stato revocato
  • non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nell’impossibilita di adempierle.

Il richiedente  che presenta l’istanza ottiene la riabilitazione, sia in relazione alle sole sentenze da esso indicate, sia a tutte le condanne riportate.

Una delle condizioni necessarie per ottenere la riabilitazione è che il  condannato abbia fornito prova di aver tenuto una buona condotta successivamente alla data in cui ha  commesso il reato.

Sentenza Cassazione, dichiarazione fraudolenta, differenze tra dichiarazione infedele e…

La Sentenza numero 38872/2022 si è pronunciata sulla differenza tra gli elementi costitutivi che connotano  il reato tributario punito dall’art.3 d.lgs. n.74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici), rispetto a quelli che devono ricorrere per integrare la diversa fattispecie prevista dall’art. 2 d.lgs. n.74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti).

Secondo l’insegnamento del Collegio del diritto ciò che accumuna le due fattispecie di reato è l’avvenuta presentazione di una dichiarazione infedele, cui si aggiungono in chiave specializzante, per l’art.2 d.lgs. n. 74/2000, l’utilizzazione di fatture e documenti analoghi relativi a operazioni inesistenti e, dall’altro, per l’art.3 d.lgs. n.74/2000, una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie congiunta con l’utilizzo dimezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento, nonché la previsione di una soglia minima di punibilità il cui superamento deve essere dimostrato in giudizio al pari degli altri elementi.

Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha annullato con rinvio la sentenza impugnata con la quale non erano state adeguatamente esplicitate le ragioni per le quali si poteva ritenere consumato il reato di dichiarazione infedele in luogo di quello originariamente contestato di frode fiscale.